Dalla Juventus al Milan, dal Napoli alla Lazio passando
per le serie minori e i club di provincia. I clan hanno allungato i loro mani anche
sul mondo del calcio. Si sono silenziosamente infiltrati nelle dirigenze dei
club, nelle tifoserie, nella gestione delle scommesse: tutto quello che può
portare vantaggi deve essere sfruttato. Il nostro viaggio parte da qui, un analisi introduttiva degli interessi mafiosi che intaccano la più grande passione degli italiani.

A portare nuovi fondi nelle casse di società in difficoltà spesso ci
pensano personaggi opachi, prestanome o affiliati dei clan. I presidenti, pur
di salvare il club dal baratro, sono pronti ad accettare la liquidità garantita
dai nuovi investitori senza farsi domande sulla provenienza. I clan riescono
dunque a infiltrarsi nelle società inserendosi così in un mondo che offre loro
opportunità importanti dal punto di vista sia economico sia sociale. Sotto il
profilo economico le attività delle organizzazioni mafiose sono molteplici.
Innanzitutto il riciclaggio: ripulire nell’economia legale i proventi delle
attività illecite è una delle maggiori preoccupazioni delle mafie. Non
sorprende quindi che sfruttino anche il pallone per farlo. A Corigliano Calabro la squadra
locale, la Schiavonea ’97, secondo gli inquirenti era utilizzata, per
mascherare le estorsioni ai danni dei commercianti locali. Fabio Barillari,
presidente del club, emetteva infatti fatture per operazioni inesistenti che
venivano immediatamente pagate dai commercianti locali: I soldi in quel modo
risultavano puliti, frutto di sponsorizzazioni e altre operazioni legate al
club, ma non venivano reinvestiti per la squadra bensì andavano a ingrossare la
cosiddetta “bacinella”, ossia la cassa del clan.

E quando a gestire queste
ultime vi è un soggetto legato ai clan questo può trasformarsi in consenso
sociale, e quindi accettazione, aumentando il suo potere criminale. Sui campi
di provincia, poi, la passione è altissima. Lontane dai riflettori, senza radio e pay-tv a raccontare le
partite, le tribune diventano ogni domenica il fulcro della vita di un intero
paese. Mosse dall'attaccamento per i colori della città, centinaia di persone
si mobilitano per sostenere la loro squadra. Su quelle gradinate, per novanta
minuti, si annulla ogni differenza: sindaci, imprenditori, cittadini e
dirigenti formano un unico blocco che soffre e gioisce insieme a ogni azione.
Un rito collettivo e ripetuto che crea e consolida un forte senso di
appartenenza e identità cittadina.
Le mafie hanno colto l’opportunità offerta, comprendendo la centralità di
quelle squadre nella vita di paese e trasformandole in strumenti nelle mani dei
clan.
Un caso emblematico è, ad esempio, quello
della Mondragonese, club campano militante in serie D e amministrato nei primi
anni ‘90 da Renato Pagliuca, reggente del locale clan durante la reclusione del boss Augusto La Torre. Attraverso
la gestione della squadra Pagliuca perseguiva un duplice obiettivo: la
creazione di un ampio consenso nella comunità e la creazione di relazioni con
amministratori e imprenditori. Grazie alla forza economica garantita dal clan Pagliuca
riuscì infatti a riaccendere la passione dei tifosi di Mondragone attraverso
piani di crescita precisi e un calciomercato stellare culminato con il
tentativo di acquisto di Toninho Cerezo, centrocampista brasiliano che con la
Roma vinse due Coppe Italia. E mentre i tifosi lo idolatravano come un moderno
eroe in grado di realizzare i sogni di un’intera comunità, il suo potere
criminale cresceva di domenica in domenica. La sua immagine ripulita diventò
così simbolo di vittoria e furono
proprio i tifosi i primi a difendere strenuamente la sua autorevolezza da chi provò
a far emergere la caratura criminale del soggetto. Ed è proprio grazie a questa
sua nuova legittimazione sociale che Pagliuca riuscì ad
addentrarsi nei salotti cittadini dai quali sarebbe rimasto altrimenti escluso.
Ne approfittò dunque per stringere relazioni con esponenti del mondo politico
ed imprenditoriale. E proprio allo stadio Pagliuca riuscì ad “avvicinare” Mario
Landolfi, parlamentare casertano e futuro Ministro del Governo Berlusconi nel
2005, al quale avrebbe proposto un consistente aiuto elettorale in cambio
dell’intervento sulle vicende giudiziarie di La Torre. La fama e il potere
guadagnati con la Mondragonese costarono però caro a Pagliuca che venne ucciso
il 14 agosto 1995 su ordine dello stesso La Torre, intimorito dalla sua nuova
caratura criminale.
Altro
vantaggio offerto dal mondo del calcio alla criminalità sono le frequentazioni
con i giocatori. Sono numerosi i casi di campioni dei nostri campionati
fotografati insieme ai boss mafiosi. Iconica è ad esempio l’immagine di
Maradona immortalato in una vasca a forma di conchiglia con i boss di Forcella,
Carmine e Luigi Giuliano. Ma non è certo un caso isolato. Da Marek
Hamsik, capitano del Napoli, immortalato con il latitante Domenico Pagano, al
campione del mondo Fabio Cannavaro fotografato a Madrid con un soggetto vicino
ai clan, sono molti gli esempi di giocatori ritratti con esponenti della
criminalità organizzata. Ma c’è chi si è addirittura spinto oltre, si tratta di
Mario Balotelli. Guidato da due esponenti dei clan Lo Russo e degli
Scissionisti, l’attaccante bresciano è stato protagonista di un vero e proprio
tour della periferia napoletana passando da Scampia e dai quartieri spagnoli.
Frequentare
mafiosi, farsi fotografare con un boss e addirittura visitare luoghi
tristemente noti come feudi dei clan più sanguinosi certamente non è reato. Ma
se dal punto di vista giuridico queste frequentazioni non rappresentano un
problema, dal punto di vista sociale possono essere estremamente pericolose.
Per migliaia di giovani infatti i calciatori sono modelli da seguire, persone a
cui ispirarsi. È innegabile che i calciatori abbiano, al giorno d’oggi, un
ruolo pubblico che va oltre le loro prestazioni sul campo. Essi dovrebbero quindi apparire come un esempio positivo per i ragazzi che a loro si ispirano nella
vita quotidiana. Dovrebbero, insomma, essere ben consci che intrattenere relazioni
con capi criminali possa trasmettere un messaggio di accettabilità
del potere mafioso.
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FONTI:
- Cantone Raffele - Di Feo Gianluca, Football Clan, Best BUR, Milano, 2014
- Romani Pierpaolo, Calcio criminale, Rubettino, Soveria Mannelli, 2012
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