Il legame tra la tifoseria organizzata della
Juventus e clan della ‘ndrangheta è solo il caso simbolo in un mondo, quello
ultras, fatto di rapporti pericolosi e criminali. Ma la presenza mafiosa negli
stadi non si limita a Torino, è articolata in tutta Italia e sempre più
preoccupante.
L’inchiesta
“Alto Piemonte”, che ha svelato i rapporti tra la criminalità organizzata e la
tifoseria bianconera, ha acceso un importante faro su un fenomeno
pericolosamente diffuso in molte curve italiane. Nel microcosmo rappresentato
dalla curva sembrano riprodursi i quattro requisiti del modello mafioso. Attraverso
l’infiltrazione ai vertici dei gruppi ultras, i clan, riescono ad esercitare un
capillare controllo del territorio-curva. Guadagnano un ruolo egemone sui
membri della tifoseria organizzata e, sfruttando quella posizione, riescono a
creare una rete di dipendenze personali in cui gli appartenenti alle
varie compagini risultano essere assoggettati ai capi delle stesse e seguono le
loro indicazioni diventando
così soggetti funzionali al clan, dentro e fuori lo stadio. La curva può così
diventare un bacino di reclutamento per le organizzazioni criminali che possono
sfruttare la propensione alla violenza di certi gruppi ultras.
Questo
connubio tra criminalità organizzata e mondo ultras sembra aver svolto un ruolo
centrale durante le proteste contro l’apertura di una discarica a Pianura, in provincia
di Napoli, nel 2008. Nel momento culmine dell’emergenza rifiuti, la
protesta legittima dei cittadini che non volevano convivere con i problemi
relativi alla riapertura fu affiancata da quella violenta dei gruppi ultras
manovrati dai clan. Gli interessi della camorra nel settore dello smaltimento
dei rifiuti cozzavano con la riapertura della discarica e dunque
l’organizzazione fece intervenire, al fianco dei manifestanti pacifici, gruppi
di tifosi arruolati nelle curve del San Paolo con il compito di ingaggiare duri
scontri con le forze dell’ordine. Una presenza aliena e combattiva che, come un
esercito privato, si mette al servizio della camorra.
D’altro
canto, è noto che la camorra sia presente in maniera pervasiva nelle due curve
dello stadio San Paolo sede delle partite casalinghe del SSC Napoli. Lo ha
ribadito il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di
Napoli Enrica Parascandolo, sentita in audizione dalla Commissione Parlamentare
Antimafia nell’aprile 2017, sottolineando come la divisione in due curve (Curva
A e Curva B) della tifoseria organizzata partenopea rispecchi una diversa
provenienza territoriale intesa, non solo ma anche, come presenza di diversi gruppi
camorristici. Mentre la “Curva B” è sotto il controllo del clan Lo
Russo, per quanto riguarda la “Curva A” emerge la presenza di diversi clan che
vantano un controllo sul centro di Napoli. Proprio la Curva A è stata nel 2015
teatro degli scontri tra il gruppo ultras denominato “Mastiffs”, legato ai clan
di Forcella, e quello “Rione Sanità”, legato ai clan dell’omonimo quartiere. Le
due fazioni, unite dalla fede calcistica erano però divise da una lotta che
stava insanguinando la città e non risparmiò nemmeno lo stadio.

La
presenza di uomini legati ai clan negli stadi, nei territori a naturale
insediamento mafioso, è dunque principalmente una dimostrazione di potere ed
una conseguenza del controllo del territorio. Essere rappresentati da uno
striscione esposto al San Paolo attesta il prestigio di un clan di camorra oltre
a ribadire il suo dominio su una parte della città, così come la presenza di
esponenti di spicco di Cosa Nostra nella tifoseria palermitana è la
dimostrazione del controllo di un quartiere in cui tutto deve essere sotto il
controllo criminale e lo stadio non può certo fare eccezione.

Diversa è
invece la situazione relativa alla tifoseria del Milan. Nel luglio 2018 i
vertici storici della “Curva Sud”, sede della tifoseria organizzata rossonera,
dovendo valutare l’ingresso di nuovi gruppi ultras nel settore hanno di fatto
aperto le porte del cuore del tifo organizzato a un gruppo denominato “Black
devil”. Scorrendo i nomi dei membri di questo gruppo si capisce quanto possa
essere pericoloso il loro ingresso nella curva sud. Leader dei “Black devil” è,
infatti, Domenico “Mimmo” Vottari, cinquantenne con rapporti e parentele con i
clan coinvolti nell’inchiesta “Infinito” e sospettato di aver condizionato le
elezioni amministrative del 2009 a Senago, nell’hinterland milanese. Pur non
essendo mai stato indagato per mafia sono molti i rapporti dubbi intrattenuti
da Vottari tra cui spiccano quelli con Salvatore Muscatello, nipote
dell’omonimo Salvatore Muscatello per decenni punto di riferimento per le
‘ndrine del Nord, e con Domenico Agresta imparentato con il capo bastone della
locale di Assago. La società si è detta consapevole della caratura di Vottari e
di altri membri del gruppo ma, non essendo soggetti a Daspo non ha potuto
impedirne l’accesso a San Siro. Allo stesso modo i leader della Curva Sud
vedono il nuovo gruppo come una componente non gradita a cui, dopo un iniziale
rifiuto, non sono però riusciti a chiudere le porte.
Anche il
tifo, dunque, subisce le ingerenze di una criminalità organizzata che pervade
il mondo del calcio in ogni suo aspetto. Con il nostro viaggio abbiamo provato a
far luce su come le mafie provino ad inquinare lo sport più seguito dagli
italiani. Uno sport malato e senza anticorpi in cui proliferano interessi di ogni
genere alle spalle di tifosi che non vedono o non vogliono vedere. Una presa di
coscienza collettiva deve necessariamente essere il primo passo per ripulire i
nostri campionati e tornare a guardare spensierati i nostri beniamini correre
dietro un pallone.
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FONTI:
- Cantone Raffele - Di Feo Gianluca, Football Clan, Best BUR, Milano, 2014
- Romani Pierpaolo, Calcio criminale, Rubettino, Soveria Mannelli, 2012
- Commissione parlamentare Antimafia, Resoconto stenografico dell’audizione in Commissione del sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Napoli, Enrica Parascandolo. Seduta n. 200 di Martedì 11 aprile 201
- Commissione parlamentare Antimafia, Relazione su mafia e calcio (Doc. XXIII, n. 31), 14 dicembre 2017
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