“Scegli Facebook, Twitter, Snapchat, Instagram e
mille altri modi
per vomitare la
tua bile contro persone mai incontrate.
Scegli di
aggiornare il tuo profilo, dì al mondo cos'hai mangiato a colazione,
spera che a
qualcuno da qualche parte freghi qualcosa.”
-T2 Trainspotting-
Che la politica si evolva inseguendo e sfruttando i nuovi
media non è certo una novità, come non è una novità che in questa corsa alla
colonizzazione dei nuovi mezzi di informazione qualcuno sia più svelto degli
altri a capirli e a saperli usare a proprio vantaggio. Il primo fenomeno
social, se così si può definire, fu addirittura Franklin Delano Roosevelt. Era
il 1933 e il trentaduesimo presidente degli Stati Uniti riuscì a sfruttare come
nessuno mai aveva fatto prima la radio come strumento politico e di propaganda.
Le sue “Fireside Chat” (chiacchiere dal caminetto) lo fecero entrare nelle case
degli americani a cui, in modo informale, spiegò le sue politiche e le
decisioni prese anche nei momenti più drammatici. Le sue capacità comunicative
e la sua capacità di infondere sicurezza anche durante le fasi più critiche della
sua presidenza ne fecero aumentare in modo esponenziale la popolarità. Oggi, a
quasi 90 anni dal primo discorso dal caminetto, la presenza politica sui social
è asfissiante ma, seppur con toni profondamente diversi, è ancora finalizzata al
consenso.
I numeri – I media, però, bisogna saperli usare
altrimenti si rischia di ottenere l’effetto opposto. In Italia la caccia all’elettorato
si fa sui social con politici influencer che sembrano cercare i like più dei
voti. A farla da padrone è, senza dubbio, il centro-destra che proprio dai
social sta traendo una forza politica impressionante. Ma se la presenza della
Lega è cosa nota, con il leader del carroccio Matteo Salvini che da tempo
spopola su Facebook, le recenti analisi di “YouTrend” evidenziano una crescita
importante per l’alleato Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni è, secondo i dati
diffusi dal sito, la politica italiana ad aver avuto la maggior crescita dalla
nascita del governo “Conte II” ad oggi. Uno stile comunicativo semplice,
efficace e che punta alla pancia dell’elettorato di riferimento sono stati fattori
di successo della leader di quello che, ad oggi, si attesta come il secondo
partito per il centrodestra. “Il governo dell’inciucio”, “il governo più anti
italiano della storia”, inviti a scendere in piazza ed evocazione delle urne. È
semplice, lineare e coerente nella sua opposizione al governo sia esso
gialloverde o giallorosso. Per questo piace. Piace sui social e piace, anzi
piacerebbe, alle urne: alla crescita su Facebook infatti è corrisposta una crescita,
più o meno proporzionale nel consenso che è passato dal 6,9% di settembre al
9,5% attuale (dati SWG).
La segue a ruota Matteo Salvini cresciuto dall’inizio del
Conte bis sia sul web (+14% di follower) che nei sondaggi (+ 1%). Il nuovo ruolo di guida dell’opposizione ha
dato al leader del carroccio l’opportunità, sia di rafforzare la comunicazione
su vecchi temi come sicurezza e immigrazione, sia di cavalcare l’onda delle
critiche al “governo delle poltrone”, come lo definisce sui suoi profili. Per
numero di post pubblicati, però, Salvini non è secondo a nessuno e con una
media di 19 al giorno (la Meloni è seconda con 9) punta a saturare la scena ed
essere onnipresente, pubblicando aggiornamenti ininterrotti su ogni aspetto
della sua vita pubblica e privata. Una copertura 24 ore su 24 portata avanti
grazie ad un team di 35 esperti digitali che curano ogni dettaglio della
presenza social del leader Leghista ben consapevoli di come anche abbracciare
un ulivo possa portare voti. È, in tal senso, l’emblema della politica che
attraverso i social cerca di abbassarsi al livello dell’elettorato. Lo
dimostrano le parole usate sapientemente e mai a caso nei post, quell’“amici”
tipico del leader leghista è infatti la parola più ripetuta (313 volte in 1181
post) a testimonianza di come Salvini punti sul rafforzare una sorta di legame
anche affettivo tra i suoi elettori e la sua immagine. Una strategia di
abbassamento della politica per provare a risultare il più vicino e simile
possibile al proprio elettorato, per mostrarsi empatico e lanciare un messaggio
chiaro: sono come voi, dunque vi capisco meglio di altri.
Ma se le opposizioni crescono, gli alleati di governo calano.
Di Maio e Conte, massimi esponenti dell’area a cinque stelle, sono gli unici
due leader politici ad aver perso follower dall’inizio del “Conte II”. Quasi
24mila in meno per il Ministro degli Esteri, guida politica del Movimento, e
circa 6mila persi dal Presidente del Consiglio. Un calo sostanzioso, come
sostanziosa è anche la perdita dei voti secondo i sondaggi: quasi 6 i punti
percentuali persi passando dal 21,4% di settembre al 15,8% attuale. Mentre per
Conte la perdita di follower può essere fisiologica e legata alla fine del
governo precedente e al cambio di alleanza, Di Maio sembra pagare l’abbandono
di uno dei temi fondanti della sua comunicazione. L’alleanza di governo con il
PD, infatti, impedisce al leader 5 stelle di scagliarsi contro quello che era
stato il bersaglio principale della sua presenza social. Se un tempo tuonava
scagliandosi contro “il partito di Bibbiano” ora ha abbassato i toni rientrando
in una cornice più istituzionale senza però riuscire a trovare temi precisi.
Come fatica a trovare contenuti chiave e messaggi precisi, sui social come sulla
scena politica, Nicola Zingaretti che cresce di poco sui social (+5mila
follower) ma cala nei sondaggi (-2,5%). Il leader del centrosinistra è l’unico,
dunque, che cresce da una parte ma cala dall’altra come a raffigurare la
confusione che regna nella sua area di riferimento.
I contenuti – Ma dietro i numeri ci sono,
ovviamente, persone. E se l’analisi del traffico generato dai politici può
essere utile per misurarne il gradimento, l’analisi delle attività dei follower
può invece fornire un identikit dell’elettore tipo dei vari leader. In una
recente ricerca Matteo Flora, docente di “Corporate Reputation e Storytelling” presso
la Facoltà di Economia dell’Università di Pavia, ha provato ad analizzare i
contenuti condivisi dai follower dei principali capi politici. Obiettivo della
ricerca era analizzare la correlazione tra diffusione di fake news ed elettori
di alcune forze politiche piuttosto che altre. La correlazione però, sembra
essere più debole del previsto. Un elemento critico però sembra emergere
chiaramente: tra i primi 30 siti di informazione condivisi vi sono due siti che
producono disinformazione. Si tratta di Voxnews, gestito da uno xenofobo e
suprematista bianco italiano, e ImolaOggi che avrebbero una diffusione social
maggiore rispetto a quotidiani nazionali come “la Stampa” o “il Giornale”. Quel
che sorprende ancor di più e rende critica la situazione è che la condivisone
di questi contenuti non è un’esclusiva dei follower di Salvini e Meloni. Pur
essendo i due leader del centrodestra quelli con i seguaci più attivi nella
pubblicazione di contenuti da questi siti, si riscontra un’attività simile
anche nei follower degli altri leader anche se con numeri nettamente minori
(115 mila le condivisioni dei follower di Salvini contro le 6mila di quelli di Zingaretti).
Ciò rende trasversale e non polarizzato un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante.
Dati altrettanto preoccupanti arrivano anche dall’analisi
dei contenuti esteri da cui emerge chiaramente una prevalenza, questa vota
assoluta, dei follower del centrodestra. In pima posizione si trova il sito di
estrema destra Breitbart condiviso quasi esclusivamente dai seguaci di Salvini
così come accade per i siti russi Sputnik e RT e per il sito complottista e
filo trumpiano “The Gateway Pundit” secondo solo a YouTube per numero di
condivisioni da parte di follower leghisti. La tendenza a condividere contenuti
stranieri sembra sottolineare una diffidenza da parte degli elettori dei quell’area
politica nei confronti del giornalismo italiano, costantemente attaccato e
denigrato dei leader politici di riferimento. Ed infatti la diffusione dei quotidiani
italiani è appannaggio dei follower del centrosinistra (se così si può
definire) e spicca la presenza de “la Repubblica”, primo tra i contenuti
condivisi dai seguaci di Zingaretti e Cirinnà, secondo tra quelli di Renzi, Boldrini
e Conte.
Una costante però, sia a destra che a “sinistra”, emerge
chiaramente. Nei primi due posti tra i contenuti condivisi c’è, per tutti e 8 i
politici considerati dalla ricerca, YouTube. La presenza del portale video più
famoso al mondo evidenzia una preferenza chiara da parte dei seguaci di tutte
le forze politiche per i contenuti prodotti direttamente dall’utente in una
sorta di giornalismo diretto e senza filtri che rimbalza da un soggetto all’altro.
Tik Tok – Proprio a proposito di video, musicali
in questo caso, Matteo Salvini è sbarcato su Tik Tok. È il primo politico
italiano a sbarcare sulla nuova piazza virtuale che tanto piace agli under 18.
Un social network nato per i millennials che permette di condividere brevi
video aggiungendo musica, effetti sonori e filtri. È l’assalto di Salvini ai
giovanissimi, a quei sedicenni a cui vorrebbe dare il voto e a tutti quelli che
tra un anno o due saranno maggiorenni e potranno votare per davvero. Nel social
che crea tormentoni, dove spopola il remix delle urla della Meloni in “io sono
Giorgia”, Salvini punta a lasciare da parte i contenuti per fare dell’intrattenimento
lo strumento principale per raggiungere i giovanissimi e “convertirli” alla sua
causa. Come inizio, certo, poteva andare meglio. Pochi i follower e tante le
critiche da parte di quei millennials che vogliono proteggere la loro nuova
piattaforma dalle incursioni della politica. ma c’è anche chi, un po’
scherzando, gli promette voto: “se inizia a fare balletti a cadenza settimanale”
ha scritto qualcuno “giuro che appena ne avrò l’età voterò per te e
per la lega.” Non resta che aspettare, chissà che un giorno ci troveremo il
leader leghista a ballare su una base trap. Tanto il trend sembra proprio
quello. Come conferma il tormentone della Meloni, nel bene o nel male, l’importante
è che se ne parli. E se ne canti.
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