“Hey, what are
we waiting for?
We've come to
far to let this go
Always on the
outside looking in
The door is
swinging in the wind
It's time to go
and march on in
It's time to
show them what we're all about”
La Nigeria è uno dei paesi più
corrotti al mondo. Lo dicono i dati raccolti da “Transparency International”, l’organizzazione
non governativa nata nel 1993 a Berlino che ogni anno monitora il livello di
trasparenza e corruzione nel mondo. Nel “Corruption Perception Index”, una
lista comparativa della corruzione percepita in tutto il mondo che viene
aggiornata e pubblicata ogni anno, la Nigeria occupa costantemente le ultime
posizioni (144esima su 180 nel 2018) segno di come il problema sia diffuso nel
paese africano. Una situazione certamente nota in tutto il mondo. Un sistema
corruttivo così penetrante da aver coinvolto anche altri paesi tra cui l’Italia,
finita al centro di un caso politico internazionale a seguito della
maxitangente che sarebbe stata pagata da Eni a funzionari nigeriani nell’affare
OPL245. Un sistema criminale corruttivo contro cui da anni si batte Omoyélé.
Sowore – Nato nel sud
del paese il 16 febbraio 1971 Sowore è stato cresciuto in una famiglia poligama
con sedici fratelli. Appena maggiorenne, nel 1989, scese in piazza insieme a
migliaia di Nigeriani per protestare contro le pretese del Fondo Monetario
Internazionale. Un accordo siglato dal governo con l’ente, infatti, prevedeva
lo stanziamento di 120 milioni di dollari per la realizzazione di un oleodotto
ma tra le condizioni imposte dal FMI vi era anche la riduzione del numero di
università in Nigeria da 28 a 5. Un’imposizione accettata di buon grado dal
governo nigeriano, pronto a sacrificare l’istruzione sulla via dello sviluppo
economico, ma non dai giovani e dai movimenti studenteschi. Iniziò così l’attivismo
politico di Sowore che nel giro di un paio d’anni sarebbe diventato anche presidente
dell'Unione studentesca dell'Università di Lagos, dove si è reso protagonista di
ferventi battaglie contro cultismo e corruzione. Battaglie che lo portarono spesso ad essere in
prima linea su diversi fronti.
Nel 1992, con la Nigeria
sempre più nel caos dopo due tornate elettorali annullate per frodi, fu a capo
di una protesta studentesca contro il regime di Babangida. Le manifestazioni
guidate da Sowore furono represse nel sangue dalla polizia che aprì il fuoco sugli
studenti uccidendone sette e ferendone centinaia. Sowore, salvatosi dai colpi
degli agenti, non riuscì a sfuggire all’arresto. Condotto in carcere fu
detenuto e torturato per alcune settimane prima di essere rilasciato. Arresti e
detenzioni arbitrarie divennero in quegli anni quasi la normalità per Sowore che
nonostante le violenze subite rimase in prima nelle proteste antigovernative. Rimase
in prima linea soprattutto in occasione delle elezioni del 12 giugno 1993.
Considerate, ancora oggi, le elezioni più regolari della storia della Nigeria venero
nuovamente annullate da Babangida scatenando un’ondata di proteste senza
precedenti. Migliaia di persone scesero in piazza e, ancora una volta, la
polizia represse nel sangue le manifestazioni provocando oltre cento morti. Ma,
questa volta, i manifestanti ne uscirono vittoriosi e, rimasto senza supporto
popolare e militare, Babangida fu costretto a dimettersi e a passare il potere
ad un "governo ad interim" il 27 agosto 1993.
L’attivismo di Sowore, però, non
si interruppe. Il governo di Shonekan non riuscì ad imprimere alla Nigeria
quella svolta auspicata dai manifestanti e corruzione e criminalità continuarono
a pervadere ogni ambito della vita politica e civile. Nei primi anni 2000, per
sfuggire ai continui arresti politici, Sowore decise di lasciare il paese e
rifugiarsi negli Stati Uniti. Nel 2006 fondò nel New Jersey l’agenzia di stampa
“Sahara Reporters” con l’intenzione di continuare a denunciare anche a distanza
le nefandezze che continuavano a susseguirsi nel suo paese natale. Un progetto
di “citizen Journalism” con cui Sowore vuole mettere al centro i racconti dei
propri connazionali incoraggiando le persone comuni a riferire storie di
corruzione, violazioni dei diritti umani e altre condotte politiche. Protetto
dal primo emendamento della Costituzione statunitense, Sowore ha pubblicato oltre
5.000 inchieste attirando su di sé diverse minacce da individui di cui aveva
denunciato i crimini.
Revolution Now – Dopo aver
guadagnato un importante seguito con le proprie inchieste, però, Sowore ha sentito
la necessità di agire in modo concreto per il proprio paese. Il 25 febbraio
2018 ha annunciato il suo ritorno in patria per candidarsi ufficialmente alle
elezioni presidenziali dell’anno successivo con un proprio partito: l’African
Action Congress. Durante tutta la campagna elettorale, consapevole di non avere
grosse possibilità di ottenere un buon risultato, Sowore ha denunciato i
crimini commessi dal governo e il livello insostenibile di corruzione nel
paese. Con il suo slogan “Riprendi l’azione!” ha provato a spronare i propri
concittadini a prendere coscienza dei problemi di una Nigeria sempre più in
ginocchio e bisognosa di una svolta radicale. Svolta che, come prevedibile, non
è arrivata dalle urne che hanno visto la vittoria del presidente uscente Muhammadu
Buhari, al centro di pesanti critiche e di numerose inchieste per i suoi legami
con il vecchio regime.
Una sconfitta che ha però dato
a Sowore la forza di organizzare una delle più grandi manifestazioni nella
storia del paese. A giungo infatti viene annunciata per il 4 agosto una
manifestazione di massa per protestare contro la rielezione di Buhari, contro
la corruzione, contro la criminalità sempre più presente e le continua violazioni
dei diritti umani in Nigeria. “Tutto ciò che è necessario per una #Rivoluzione”
aveva dichiarato “è che gli oppressi scelgano una data che desiderano per la
libertà, senza sottoporsi all'approvazione dell'oppressore” e proprio per
questo motivo, la protesta, aveva preso un nome provocatorio e significativo:
#RevolutionNow. Ma proprio i toni e i continui inviti ad una rivoluzione, anche
se pacifica, hanno portato ad una violenta repressione. Il 4 agosto decine di
migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città del paese ma le
proteste sono state sedate ovunque con lacrimogeni ed arresti massicci. Nella
capitale Abuja si sono reistrati scontri tra polizia e manifestanti in cui
diverse persone sono rimaste ferite. Ma in piazza quel giorno, non c’era Omoyele
Sowore.
Arresto – Alla vigilia
della protesta, infatti, agenti dell'intelligence del Dipartimento
dei Servizi di Stato (DSS) hanno fatto irruzione nel suo appartamento e lo hanno
arrestato con accuse pesanti e spropositate: cospirazione, tradimento e
terrorismo. Un arresto che ha da subito destato pesanti preoccupazioni sia in Nigeria
che nel resto del mondo. Un arresto che è sin da subito sembrato un modo per
togliere la voce ad uno dei più importanti attivisti della storia del paese
proprio alla vigilia della più importante manifestazione degli ultimi anni. Di
Sowore, per alcuni giorni, non si è saputo nulla. Nessuno ammetteva l’arresto,
nessuno sapeva dove fosse detenuto ne in che condizioni. È stato lui stesso, il
giorno successivo alla manifestazione a rompere il silenzio. “Sto bene e sono
in ottima salute” ha detto ai compagni di partito che dopo 4 giorni senza
notizie erano riusciti ad ottenere un incontro con lui, “Sono lieto che le
pacifiche proteste #RevolutionNow siano andate avanti”.
Ma quello che sembrava potesse
essere l’ennesimo arresto lampo nel lungo attivismo di Omoyele, si è invece
trasformato in un incubo infinito. Se da una parte il tribunale di Abuja ne aveva
disposto il rilascio immediato per permettere ulteriori accertamenti, il Dipartimento
dei Servizi di Stato ha sempre rifiutato la richiesta trasformando di fatto il
suo arresto in una detenzione arbitraria. Da quel momento, infatti, sono stati
negati a Sowore i più basilari diritti che un detenuto dovrebbe avere. Costretto
a stare in una stanza senza mai la luce del sole e senza nessun contatto con l’esterno,
nemmeno telefonicamente. Una detenzione
che ha sempre più sollevato polemiche per la sua chiara connotazione politica e
per l’evidente tentativo di mettere a tacere un oppositore tenace e sempre più
seguito. Per due volte il tribunale della capitale ne ha disposto il rilascio
su cauzione e, per due volte, il DSS ha negato ai familiari il rilascio. Persino
quando, il 6 dicembre, sembrava tutto finito l’intelligence ha sparigliato le
carte macchiandosi dell’ennesima violazione. Costretti dal tribunale, i Servizi
di Stato avevano accettato di rilasciare Sowore su cauzione e gli avevano
concesso la libertà. La libertà, però, è durata il tempo di un abbraccio con
gli amici. Dopo circa 3 ore, infatti, l’intelligence è tornata a bussare alla
porta di Omoyele e lo ha ricondotto in carcere con nuove accuse tra cui “cyberstalking
al presidente”.

“Il mio ufficio” ha comunicato Malami il 24
dicembre “ha deciso di ottemperare alle ordinanze del tribunale e rilasciarlo
su cauzione”. È il miracolo del Natale. Il pomeriggio della Vigilia di Natale,
Sowore è tornato in libertà. A bordo di un’utilitaria rossa ha lasciato il
Dipartimento di Sicurezza dove era detenuto dal 3 agosto ed è potuto finalmente
tornare a casa dove, oltre a decine di giornalisti da tutto il mondo tranne che
dall’Italia, lo aspettavano in lacrime i suoi amici. Chi era con lui in macchina
ha raccontato la sua felicità. La sua gioia per la ritrovata libertà. Le sue
risate e quel canto che ha voluto sussurrare, più a se stesso che agli altri, per
ricordarsi che tutto questo non cambierà il suo impegno:
“I can feel the
change is coming in the air
I can feel the
revolution now
I can feel the
change is coming in the air
I can feel the
revolution now”
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